lunedì 12 marzo 2012

SARTORIA PANICO, una classe del su misura aristocratica

Da quando sono uscito dal suo salotto-sartoria, non è trascorso molto tempo. Le sensazioni provate furono moltissime, tanto da tormentarmi, ovviamente in positivo, ancora nei giorni successivi. I miei occhi sono ancora là, fermi a quel 29 aprile, quando, alle undici e trenta, suonai il campanello del suo salotto-laboratorio. Ancor prima di recarmi a Napoli per intervistarlo , capii, dalla voce e da alcune immagini scovate in internet, che si trattava di un uomo in possesso di una grande personalità, abbinata ad una vocazione al buon gusto aristocratico. Passò qualche secondo tra il suono del campanello e l'aprirsi della porta, della sua porta.


Aprendomi, il maestro Antonio Panico in persona, non aprì una semplice porta, ma andò oltre: aprì la porta della sua vita. Mi fece accomodare su di un divanetto dal sapore antico, mentre lui era a fianco a me, a bordo di una poltrona simile al suo carattere: riservato, autoritario ed educato al tempo stesso. Non era solo; insieme a lui vi era il fumo della sue sigarette, appariva come una guardia del corpo inseparabile. Iniziai a porgergli la mia prima domanda, era legata alla sua vita. Mi disse subito che non era indispensabile; lui voleva solo manifestarmi la sua tristezza nel vedere che quello del sarto non è più un mestiere ambito dai giovani. Inizialmente mi diede l'impressione di non voler parlare molto.....penso faccia parte del suo carattere.


Ma dopo una breve chiacchierata ecco la svolta: iniziò a raccontarmi chi è il maestro Antonio Panico. Partì da lontano. Ovvero da quando, a soli 12 anni, suo padre lo pose dinanzi ad una scelta: "o vai in collegio oppure ti scegli un mestiere". Antonio scelse la seconda opzione, scegliersi un mestiere. Abitava a Casalnuovo, il paese dei sarti, a due passi da Napoli. La scelta fu quasi obbligatoria: entrare in sartoria. La sua vita però cambiò quel 4 luglio del 1954 quando - a bordo del pullman 230 con destinazione Napoli piazza De Martiri - approdò alla sartoria Angelo Blasi, la regina di tutte le sartorie. Li si formò professionalmente ed umanamente: la sartoria per lui fu una vera e propria scuola di vita. Una scuola di vita fatta di rispetto e regolamenti ferrei, dove la competizione era continua.


E dove chi era professionalmente inferiore doveva dare del voi a chi era superiore, anche con un anno di differenza. Era mezzogiorno quando una voce femminile interruppe l'intervista: "maestro Panico, ci sono le tasche da segnare". Il maestro a quel punto si alzò per andare a svolgere uno dei tanti amati riti della sartoria. Dopo un paio di minuti ritornò, rimettendosi seduto, proprio per rientrare nel suo passato interrotto. Ritornò infatti con la mente, e con il cuore, tra i banconi della sartoria Blasi. E più precisamente quando, a soli 17 anni, dopo cinque trascorsi all'interno, si licenziò per andare da un altro sarto; noto per la cura maniacale dedicata a ciascun abito. Li ci rimase altri due anni e mezzo, fino a quando si rese conto, a soli 23 anni, di "avere la stoffa" per aprire una sartoria tutta sua.


Ma la vita però, valutando il suo indiscusso talento, aveva già pensato di farlo entrare nell'olimpo della sartoria. Infatti, nel 1960, ricevette la proposta più ambita da tutti i sarti di allora: lavorare nel laboratorio di Gennaro Rubinacci. La posta in gioco era altissima: Antonio fu chiamato a sostituire non un sarto qualsiasi, bensì l'altro re della sartoria partenopea: Vincenzo Attolini. I sarti di allora erano sicuri: il giovane Antonio non sarebbe rimasto più di un mese a fare il sarto per Rubinacci. Invece, col passare del tempo, si dovettero ricredere tutti quanti, perchè il maestro Panico ci rimase per ben 23 anni! Nonostante il suo ruolo fosse molto ambito nel '91 decise che fosse venuto tempo di riaprire una sartoria tutta sua, nello stesso edificio dove mi fece sedere lo scorso 29 marzo. E da quel 1991 nella sua sartoria il maestro Panico è il primo ad entrare e l'ultimo ad uscire.

Maestro Panico, da cosa si riconosce un suo abito e quante ore servono per costruirne uno?
"Intanto si distingue in mezzo ad altri abiti. E questo avviene perchè i miei abiti hanno un'anima, un bel profilo e "tanti difetti". Io non sono capace di creare un abito privo di grinze; perchè in quelle grinze ci sono i miei segreti e quelli fisici di ciascun cliente. Inoltre i miei abiti non si sentono addosso: te ne accorgi di avercelo addosso solo quando devi andare a letto per dormire. Mentre per quanto riguarda la seconda di domanda, non le so dare una risposta in termini di ore, perchè ogni volta ci trovo qualcosa da rifare; io non mi accontento mai".





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